I Crùstul (o cartellate), una questione di famiglia

Ci sono ricette che vanno oltre la semplice preparazione, oltre gli ingredienti, oltre gli anni che passano, le mode che restano e quelle che svaniscono in un semplice click.

Prima di pubblicare questa ricetta, devo essere sincera, mi sono interrogata spesso se fossi pronta a condividere una cosa così profonda su questi canali. Nulla contro di voi eh, sia chiaro, anzi, è stato proprio il pensiero di condividere con con voi queste pagine di vita che mi ha convinta a scrivere questa ricetta quì.

Perchè allora, ero in dubbio sul pubblicare o meno questa ricetta?

Me lo sono chiesta anch’io. Non parlerei di gelosia, dato che vi sono mille ricetta di cartellate su internet, ognuna “buona e giusta”, ognuna che racconta una realtà genuina e vera. Non parlerei nemmeno di egoismo, nel tenere la ricetta tutta per me, ma mi verrebbe da dire quanto più paura.

Paura de che? direte voi.

Beh, nonostante io navighi nelle acque impervie di questi social da diversi anni, ho visto, ultimamente uno scorrere così veloce dei contenuti, che mi è presa una certa ansia e paura di perdermi qualcosa di veramente bello.

Questa ricetta richiede poco tempo pratico di lavorazione, è vero, ma racchiude un tempo indefinito del cuore, dei ricordi, della memoria, che è difficile da descrivere in poche righe.

Direi che ci vorrebbe quasi un libro per farlo, e forse non saprei nemmeno trovare le parole giuste.

Ho avuto, per un attimo, il timore di non rendere davvero giustizia a questa ricetta, che è fatta di semplice farina mista a qualche altro semplice ingrediente, e allo stesso tempo racconta le festività che una volta avevano un gusto completamente diverso da quelle di ora.

Insomma, trascrivere sul web qualcosa che fino ad oggi è stato scritto con penna blu tra le pagine di un’agenda che sembra più uno scrigno magico che altro, mi sembrava troppo strano.

Poi mi sono detta che alla base della cucina c’è l’idea di altruismo e che non potevo farmi fermare da queste mie paure. Anche mia nonna, quando decideva di preparare le Crùstule non lo faceva mai solo per se stessa, e forse nemmeno solo per noi familiari.

Ogni volta che arrivava il momento fatidico della preparazione si armava di tutta la volontà possibile, dei nipoti che avrebbero dovuto darle una mano ad appricittare e di tutti gli ingredienti che avrebbero potuto farle impastare almeno 3kg di Crùstule profumate di vino e vaniglia.

Si, avete letto bene, 3kg. Ma forse anche più. Non c’era un limite alla produzione, perchè dietro tutto questo ambaradam la motivazione era sempre “ancor ve qualchedun” ( chissà viene qualcuno!).

Insomma, l’ingrediente dal quale non si poteva prescindere era il tempo. Un tempo lungo, durante il quale ognuno di noi aveva una missione importante da portare a termine.

La squadra era ben formata , pronta all’azione. Tutti alle proprie postazioni: nonna impastava, i miei cugini Amedeo e Nazario passavano la pasta alla macchina per sfogliare, sotto l’occhio vigile di mia nonna che solo toccando la pasta diceva “nono, è da sfogliare di più. ANNA ESS NU VEL!”

Io ero quella che “accucchiava” le crùstule, ossia le univa e le formava (non per niente sono campionessa di doppio avvitamento di crùstule!). Anni ed anni passati a sostenere il mio ruolo, anni ed anni a dare importanza ad una tradizione.

Noi bambini lo vedevamo come un gioco all’inizio, col passare degli anni abbiamo capito quanto fosse importante ritrovarsi in quel preciso momento e puntualmente, ogni anno, non potevamo dire di no al richiamo intimo e profondo di nonna che chiedeva lo nostra partecipazione. Sono sicura che la sua fosse una scusa per tenerci vicini, lo faceva sempre.

La ricetta

La ricetta l’ho trovata tra le pagine sporche della sacra agenda di cucina di mia mamma, la solita dalla quale attingo ogni volta che voglio preparare dolci tradizionali.

Le pagine sono ingiallite, su alcune ci sono macchie di olio e profumano di vaniglia e dolcezza.

Tra una di queste, in alto al centro, in stampatello, c’è scritto Crùstule, come a dargli un’aria di riverenza e importanza.

Avere una ricetta così scritta e tramandata è come avere un tesoro inestimabile tra le mani. Ti permette di non venire risucchiata dalle mille versioni che ognuno porta con se dai tempi dei tempi , donate dalla propria famiglia.

Diatribe importanti nascono sul fatto che ci vogliano le uova oppure no. Ricordo bene quando nonna litigava con le sue comari perchè “noooo, ng vonn l’ov”. E via di litigi. Si arrivava addirittura a non parlarsi per alcune ore, tanto era importante ciò di cui si stava discutendo.

Converrete con me che il tema era molto più che scottante.

Io, per non incappare in questi errori, mi sono sempre affidata a questa ricetta che, negli anni, non è mai cambiata.

E io, signori, le Crùstule, le faccio senza uova.

Ve lo dico, a scanso di equivoci: non venite a farmi la morale. Lo sappiamo bene che ogni famiglia porta con se una tradizione personale. La mia è questa.

Altra diatriba che rischia di far vacillare i migliori legami di amicizia è : AL FORNO O FRITTE.

Ovviamente noi non ci risparmiamo, e per me l’unica versione conosciuta ed accettabile è quella fritta.

Per chi volesse però, si può optare per una versione più “leggera” al forno.

 

Come vanno mangiate

Tra tante insicurezze della vita, l’unica certezza è che le Crùstule a casa mia vanno mangiate con il mosto cotto (u must cott). Come tradizione vuole, il mosto cotto deve essere di uva o di fichi. Questo perchè in antichità, nei tempi poveri, l’uva era uno dei beni più diffusi. Molti giù da noi avevano vitigni e si riusciva a reperire più facilmente questo bene primario. Nei paesi limitrofi al mio è molto diffuso invece quello di fichi: vero e proprio nettare degli dei.

Le Crùstule vengono cosparse di mosto cotto, ma , mio papà mi dice sempre che la sua nonna le cospargeva sempre anche di zucchero, quindi lui non le mangia se non così. Chi sono io , quindi , per dire di no ad una ulteriore botta di zuccheri su questi dolcini così peccaminosi?

Quindi la nostra versione preferita è quella con un abbondante strato di zucchero sul quale viene poi aggiunto il mosto cotto, il quale riesce ad aggrapparsi con tutto se stesso alle Crùstule.

Per i meno tradizionalisti, si possono cospargere anche di miele, quello buono però.

A casa mia niente zuccherini, please.

 

Senza dilungarmi troppo, quindi, vi lascio quì sotto la ricetta delle cartellate che da anni allieta le feste mie e della mia famiglia.

Ingredienti

  • 500 g di farina 00
  • 50 ml di olio extravergine di oliva
  • 100 ml di vino bianco
  • 80 ml di acqua
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 1 bustina di vanillina
  • sale q.b.

Procedimento

Mettere in un pentolino tutti i liquidi uniti a zucchero e vanillina e lasciar sciogliere lo zucchero. Basteranno pochi secondi.

Versare in una ciotola la farina e poi aggiungere i liquidi e il sale. Impastare bene il tutto e lasciare riposare circa 15 minuti.

Dividere l’impasto in più parti e con la macchina per la pasta stendere in modo molto sottile l’impasto. Tagliate con una rotellina dentata, delle striscioline di circa 2 cm di larghezza e 20 cm di lunghezza. Iniziare ad unire i lembi delle striscioline e man mano arrotolare su se stesse le striscioline.

Lasciare riposare le crùstule formate su un panno asciutto tutto il tempo che impiegherete a fare le altre. Più si asciugano, meglio sarà quando le friggerete.

Quando avrete finito di formarle tutte, mettete a friggere l’olio di semi di girasole e iniziate a friggere. Lasciate cuocere le crùstule 3 minuti circa per lato o fino a che non saranno ben dorate.

Mettete a scolare su un panno carta alimentare e guarnite con zucchero e mosto cotto appena prima di mangiarle!

 

 

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